A) Lo Stato Ecclesiastico
Lo Stato Ecclesiastico a partire dalla fine del '500 e dai primi decenni del 1600 subì un radicale ricambio politico, amministrativo, e religioso. Un nuovo e dinamico patriziato occupò il potere. La consolidata nobiltà feudale che aveva retto i destini dello Stato Ecclesiastico negli ultimi secoli (i Caetani ,i Colonna, i Savelli, gli Orsini, i Conti), venne progressivamente sostituita da famiglie rampanti che faranno eleggere propri papi, cardinali, uomini d'armi e amministratori curiali. Nacque una nuova feudalità baronale. Era una borghesia mercantile, imprenditoriale e terriera, decisa ad occupare spazi di potere sempre più vasti. Sarà questa feudalità baronale che reggerà le sorti dello Stato Ecclesiastico a partire dal XVII sec.. Erano le famiglie degli Aldobrandini (Clemente VIII), dei Borghese (PaoloV), dei Ludovisi (Gregorio XV), dei Barberini (Urbano VIII), dei Pamphili (Innocenzo X) e dei Chigi (Alessandro VII ), dei Rospigliosi (Clemente IX). Si impose così una classe dominante d'assalto che perpetuò il sistema feudale, pur adottando una metodologia di governo apparentemente più illuminata ed efficiente.
I pontefici del 1600 si impegnarono sia a continuare nell'opera riformatrice del Concilio di Trento (1545-1562) sia a migliorare le condizioni sociali politiche ed amministrative dello Stato, sia ad abbellire Roma con opere urbanistiche, architettoniche e pittoriche. Continuò ad esistere il doppio ruolo istituzionale dei pontefici: da una parte capi politici del potere temporale e dall'altra capi spirituali della cattolicità in quanto Vicari di Cristo. Questa antinomia solo raramente trovò un giusto equilibrio. Più spesso produsse tra i cristiani profonde lacerazioni tra cui, la più traumatica, fu la rivolta di Martin Lutero (1517) e la nascita del protestantesimo.
Per somma sintesi questo è il contesto in cui operò la famiglia degli Aldobrandini, i quali ebbero rapporti diretti o indiretti, con Carpineto: Clemente VIII (1536-1605) i cardinali Pietro Aldobrandini (1571-1605) e suo nipote Ippolito Aldobrandini (1592-1638) figlio di Donna Olimpia, la stessa Donna Olimpia (1567-1637) sorella del cardinal Pietro e suo marito Gian Francesco Aldobrandini (1545-1601).
Ed è questo lo sfondo entro cui si colloca la rievocazione storica del Pallio della Carriera.
B) La famiglia Aldobrandini
Le fortune della famiglia Aldobrandini iniziarono a partire dal 1585, quando il figlio di Silvestro, Ippolito fu nominato cardinale e nel conclave del 1592 fu eletto papa con il nome di Clemente VIII . Un altro figlio di Silvestro, Pietro (+1587) ebbe i due figli che segneranno la storia di Carpineto: il cardinale Pietro Aldobrandini (1571 -1621) omonimo del padre Pietro e Donna Olimpia (1567-1637), la quale sposò un suo lontano parente Gian Francesco Aldobrandini (1545-1601),il principe del corteo storico.
Donna Olimpia e il principe Gian Francesco ebbero 12 figli, che morirono quasi tutti, prima della longeva madre.
Degni di nota, tra i dodici figli, sono: il terzogenito Giangiorgio (1591-1637), nominato erede unico dell'immenso impero economico e fondiario costruito, in breve tempo, dallo zio cardinale Pietro. Il 14-1-1611, il Cardinale Pietro Aldobrandini con un solenne atto giuridico di derivazione feudale, il fedecommesso, nominò erede universale Giangiorgio. Ma le attese dello zio cardinale andarono deluse: Giangiorgio non lasciò alcun erede maschio. La successione si complicò enormemente. Un altro figlio di Donna Olimpia (l'unico che le sopravvisse), Ippolito (1592-1638) fu creato Cardinale e Camerlengo, ed ebbe grande potere. Al penultimo dei12 figli di Donna Olimpia, un altro Pietro (1600-1630), fu riconosciuto il titolo di Duca di Carpineto, ma anch'egli non lasciò eredi maschi. Morì di "febbre maligna con petecchie" nella pestilenza del 1630, quella descritta dal Manzoni ne "I Promessi Sposi", mentre si preparava a partire da Ferrara per rifugiarsi a Roma.
In breve tempo la linea maschile si estinse e continuò per linea femminile. Le eredi Aldobrandini si unirono in matrimonio prima con i Pamphili e poi con i Borghese, conservando il nome Aldobrandini. Con questi binomi il nome degli Aldobrandini è giunto fino ai nostri giorni.
Profili:
Clemente VIII (1536-1605) (Ippolito Aldobrandini)
Nacque a Fano. Studiò nelle principali sedi accademiche del suo tempo. Pio V ne apprezzò e valorizzò le eccelse qualità intellettuali, morali ed umane. Alla morte di Innocenzo IX il collegio di Cardinali, formato da 52 membri, era profondamente spaccato in due fazioni: filofrancesi e filospagnoli. Nel conclave si rischiò lo scisma. Fu raggiunto l'accordo sulla persona del Cardinale Ippolito Aldobrandini. Era di alta statura, d'aspetto maestoso, di pallida carnagione, con capelli e barba bianchi e ben curati. Era sofferente di gotta. Pur essendo serio, sapeva essere, a tempo e modo opportuno, allegro e faceto. Amava la musica, e non solo quella sacra. Fu un pontefice pio e laborioso. Fu ammirato per la sua bontà, ponderazione e l'amore per la giustizia. Rilanciò con fermezza e rigore il rinnovamento della Chiesa nello spirito del Concilio di Trento. Da grande diplomatico risolse la spinosa questione francese. Riconobbe quale re, l'ex ugonotto Enrico IV, ed evitò uno scisma tra i cattolici francesi. Ebbe un ruolo di mediazione fra la Spagna e la Francia. Combattè il brigantaggio e i crimini contro la pubblica morale. "E' di vita incolpabile, di mente retta, d'erudizione universale, perché oltre le leggi nelle quali è molto eccelle, ragiona fondatamente di ogni cosa".
Cardinale Pietro Aldobrandini (1571-1621):
Nacque a Roma. Studiò sotto la guida di S. Filippo Neri. Fu nominato avvocato concistoriale e segretario di Stato. Da abile diplomatico, adottò un'equilibrata politica di equidistanza fra Francia e Spagna. Nel 1599 fu nominato Camerlengo. In questa veste attivò una serie continua di interventi per organizzare da vita pubblica, amministrativa e curiale di Roma. Sotto Paolo V Borghese, fu messo da parte, perché fu accusato di essere antispagnolo. Fu dotato di una punta di orgogliosa fierezza, amante del fasto, del bello, dell'arte: una mente aperta che guardava lontano. Come tutta la famiglia Aldobrandini soffriva per abbondante pinguedine. Fu grande benefattore di Carpineto. Fra i tanti meriti, è da ricordare la costruzione della Chiesa e Convento di S. Pietro. Non era di alta statura ed era affetto da malattie delle vie respiratorie. asma e tosse cronica. Ebbe in compenso i più alti pregi spirituali: prudenza, zelo, fortezza d'animo e senso pratico. Fu di grande cultura e protesse scrittori ed artisti. Si deve sicuramente a lui se il quadro di Caravaggio: "S. Francesco in meditazione" si trovò nella chiesa di S. Pietro. Commissionò i due quadri esposti nella chiesa di S. Pietro di scuola caravaggesca:"Le Stimmate di S. Francesco " di Simon Vouet e "L'Immacolata Concezione" di Fra' Diego da Tavello.
Scrisse alcuni trattati, quali: Aphorismi politici (1614), in cui trattò di politica di impostazione controriformista, scritto in linguaggio classicheggiante; De perfecto principe ad Clemente VIII apophthegmata (1600), una sorta di esercitazione letteraria classico-umanistica.
Il principe Gian Francesco Aldobrandini (1545-1601):
Nacque a Firenze da una Famiglia del ramo secondario degli Aldobrandini. Si trasferì presto a Roma, ove sposò Donna Olimpia. Nel 1592, anno dell'elezione di Clemente VIII a Pontefice, fu nominato governatore di Borgo e Castel S. Angelo, quindi comandante della guardia ponteficia, generale della Chiesa, governatore di Ancona. "Benchè incolto, Gian Francesco era dotato di notevole abilità e godette di un certo ascendente sul Papa e anche sul cardinale Pietro Aldobrandini". "Possiede, per essere generale della Chiesa suprema autorità nelle cose militari e poco si ingerisce negli affari della corte del Palazzo". Fu più volte e in tempi diversi, comandante delle truppe papali schierate in Vienna ed in Ungheria contro i Turchi. Morì di febbre il 17 settembre 1601, lasciando alla moglie Donna Olimpia il gravoso compito di allevare i dodici figli ed amministrare un ingente patrimonio economico e fondiario, tra cui il ducato di Carpineto.
Donna Olimpia Aldobrandini (1567-1637):
Figlia di Pietro Aldobrandini (+1587) e di Flaminia Ferracci, nacque nel 1567. Morì in tardissima età, a 70 anni, evento eccezionale per quei tempi. Sposò Gian Francesco Aldobrandini, appartenente ad un ramo cadetto degli Aldobrandini di Firenze. Gli fu riconosciuto il titolo di Principessa di Rossano. Ebbe numerosissima prole, secondo il costume del tempo: 12 figli. A soli 34 anni rimase vedova e dovette, da sola, provvedere ad allevare i figli ed amministrare un ingente patrimonio finanziario e fondiario, stimato in circa un milione di scudi d'oro. Fu madre affettuosa e decisa, orgogliosa della propria condizione sociale, amministratrice oculata e previdente. Assicurò una onorata carriera ai figli maschi e alle femmine, procurò matrimoni con i rampolli delle famiglie patrizie più blasonate (Elena con i Carafa, Lesa con i Caracciolo, Margherita con i Farnese, Maria con gli Sforza-Caravaggio). Anche i figli maschi contrassero matrimoni con le discendenti di nobili famiglie: Giangiorgio, l'erede designato, con Ippolita Ludovisi, Pietro, il Duca di Carpineto, con Carlotta Savelli. Fu una delle prime donne, invidiata e riverita, nella vita "mondana" della Roma del '600: nipote del Papa Clemente VIII, sorella, madre, suocera di cardinali, di principi, duchi, marchesi. Fu colpita da gravi lutti: vide morire quasi tutti i propri figli, oltre che il marito in giovane età. Superò gli eventi dolorosi con grande forza d'animo, dignità e fede profonda.
"Era di nobil presenza, ornata di molte virtù, e d'un giudizio particolare che la rendeva superiore all'età e più ancora al sesso; degna di essere uomo e di fare nel pontificato le proprie parti, forse alla più che il fratello; e degna almeno certo di non esser tanto infelice come ella fu, nel vedere con vita si breve tutti i figlioli maschi e con una successione si scadente, ch'ella prima di mancare la vide già moribonda del tutto morta" (Gigli).
Fu grande benefattrice di Carpineto. Sotto la sua amministrazione il centro lepino attraversò un periodo di rinascita e di relativo splendore