L’anno scorso me lo vidi presentato dal maestro Orlando Gonnella in visita al nostro museo territoriale. Era ancora pittore“in pectore” del Pallio 2011. E mi conquistò subito la sua gentilezza, il suo garbo trasognato. Mi offrì un suo catalogo con dedica conservato a futura memoria nella biblioteca del museo (sezione “pallio”).
Chi è Franco Fortunato?
Un uomo, un autodidatta, un artista nato per l’arte, che consegue gli studi scientifici,sentendosi particolarmente attratto dalla suggestioni artistiche trecentesche (Simone Martini) e dalla grande letteratura medievale fino a quella di fine Ottocento di respiro europeo (Melville, Saint Exupery, Collodi). Da esse trarrà cicliche suggestioni e semplicità figurativa. La sua è una lunga carriera dedicata all’arte. Negli anni Settanta partecipa con “Il Gruppo Figurale il Babbuino” ad una mostra dedicata a Pier Paolo Pasolini. Se ne distacca iniziando un suo percorso, raccontando per cicli i grandi eventi della storia e della letteratura europea (Storie del Parco ai Barboni, Pinocchio, Racconti per l’Europa, Città invisibili, il Piccolo Principe, il Vagabondo, Storie di mari) per approdare anche a tematiche sacre (Caramanico Terme, chiesa di santa Maria Maggiore:“Via Matris Gloriosae”). Cicli e storie di valore universale esposte in tutto il mondo: Italia, Svizzera, Francia Belgio, Stati Uniti, Germania, Canada. Franco Fortunato, un poeta con gli occhi infantili intenti a scoprire un mondo virginale che pur reale gli appare e ci appare trasfigurato dalla fantasia innocente mentre piatti orizzonti carichi di cromie e tonalità forti e graduate vanno ad innestarsi in un presente pur ancorato alla realtà ma reinvestito “in altro verso”. Un viaggio artistico il suo, di una fantasia assolutamente libera, ma al tempo stesso guidata dalla ragione e rivestita dai canoni della storia letteraria e della vita reale, che cerca nello spaziotemporalità quelle armonie urbane che in qualche modo attendono anche alla perfezione del divino. Ironia, fantasia, realtà sono un mix a cui questo poeta dell’irrealismo visibile, questo artista di cicli immaginifici va nutrendosi, trasformando il tutto in forza viva non più contingente. E la sua opera vivificata da soffio immortale, che solo la letteratura riesce a farti cogliere, attinge all’infinita libertà intesa a superare oltre i mari, oltre i mondi non più suggellati dalle burocrazie doganali ormai svincolati da nuovi slanci vitali che hanno soffiato e soffiano ancora per questa secolare storia europea oltre i miti nazionali. Il nostro artista non indaga affatto sulla superficie increspata dell’umanità, pur problematica e piena di doloroso stupore, ma si tiene ancorato a quella storia dell’uomo e a quella madre terra le cui stigmate rimangono impresse in ciascuno di noi. “Invidio chi sente forte il legame alle proprie radici”ci dice accalorato Franco Fortunato e questa sua ricerca identitaria dalle forti idealità tematiche e questa sua fede profonda anche nel visibile irreale ci convincono sempre più che l’artista del pallio 2011 con i suoi sogni artistici si iscriva di giustezza negli stessi meandri onirici dei nostri sogni collettivi: il Pallio della Carriera.
DESCRIZIONE PALLIO
Il “Pallio”, complessa rappresentazione dei desideri, delle passioni, delle speranze di un popolo: un evento collettivo, che perciò non può essere frutto di personali stilemi e di egoismi privatistici ed individuali.
Il “Pallio”, anzi il “nostro pallio” cantato da Franco Fortunato con efficacia prospettica e narrativa, racconta la storia secolare, collettiva e unificante, profondamente radicata come un albero possente. Tre spazi pittorici ben distinti: nel primo le volumetrie arboree si stagliano in un cielo di cobalto, il blu tipico del nostro artista; nel secondo spazio, forme di cavalieri ludicamente in corsa sfrenata verso un traguardo lontano; più in basso, nel terzo spazio, sette stemmi araldici ripropongono le antiche divisioni urbanistiche ed ecclesiastiche della terra di Carpineto.
Un tripudio di colori e di movimenti dal basso, che vanno a stemperarsi in quel cielo che già all’albeggiare radioso si tinge sempre più di blu, dando risalto ad un paesaggio uniformemente ondulato.
Al centro, senza equivoci, campeggia un possente castagno, pianta tipica del nostro territorio lepino, che tra il folto del suo fogliame così spesso, sembra dare linfa ad una struttura urbanistica compatta e turrita, verso la quale tendono mani di uomo. In sintesi, la storia economica e civica di una comunità montana, che, negli statuti del XVI secolo vedevano circoscritta nell’albero del castagno la sua forza civica ed alimentare: “la popolazione di Carpineto si nutriva in media per sei mesi di castagna e per altrettanti di polenta” (archivio comunale). La “silva castanearum” per secoli fu considerato quindi l’albero della vita, fondamentale alla sua esistenza.
E quelle mani che si agitano tra la spessa coltre verde sembrano una tardiva secolare allusione alla “usca” o libera raccolta del sapido frutto autunnale dopo la festa di Ognissanti permessa dagli statuti comunitari alla classe più diseredata. Così il nostro artista Franco Fortunato “bucando” la storia con il suo messaggio pittorico ha saputo cogliere quegli eventi di ieri, affidandoli all’arte evocatrice del pennello e ravvivandoli con un carosello di cavalieri, in corsa sfrenata, alla cui destrezza e fortuna è affidata la sorte di un popolo, che rivive così la sua memoria collettiva rivestita dei colori araldici seicenteschi. Movimento e staticità, forza e dinamicità sono qui rappresentate quali caratteristiche di una comunità che sa ancora raccontare la sua storia e la sua fede dentro un eden mitico e trasognato.
Italo Campagna