Titti Garelli o la bellezza di un mondo incantato
L’artista che riesce a recuperare le atmosfere gotiche dell’arte italiana prerinascimentale e a riproporre quegli antichi dialoghi culturali con gli splendori e gli sfarzi delle corti europee, si chiama Titti Garelli, nata a Torino e vissuta alla “corte” di Sergio Saroni dove ha saputo sapientemente ricercare la perfezione e la resa di particolari suggestivi. Diplomata in Scenografia all’Accademia Albertina rimane affascinata dai nuovi messaggeri di inconsci desideri e di egalitarie aspirazioni della moderna società: l’illustrazione pubblicitaria, anticamera ed eccitazione dell’immaginario collettivo, e al tempo stesso testimonianza viva e fondamentale di una civiltà in evoluzione. Pur avendo visto all’opera maestri come Leonetto Cappiello, Fortunato Depero, Marcello Dudovich, ben presto si innamora delle immagini vittoriane dell’epoca d’oro dell’illustrazione, soprattutto quando conosce Hilary Bradford, una donna inglese, agente di illustratori e fotografi. Sarà una rivelazione fascinosa, tanto che negli anni Ottanta molti celebri marchi industriali si affidano solo a lei. E così si inoltra decisa verso la pubblicità impegnandosi in campagne memorabili con le maggiori agenzie internazionali (“Mulino Bianco, Findus, Chicco, Invicta”). Più recentemente Titti Garelli ha partecipato ad una grande mostra collettiva “Praline d’Arte” di Sergio Mandelli in Milano nella casa-museo Spazio Tadini, con 50 artisti di fama e di mercato come Emilio Tadini, Emilio Isgrò, Tommaso Cascella e Omar Ronda (recentemente scomparso, autore del nostro Pallio 2016). Ne risulta così la sua una produzione di arte contemporanea immediata, che ha preso la via del web, capace di parlare con sintesi efficace ed immediata ad un pubblico internazionale. Ma non tutto di Titti Garelli è riflesso dell’ obbligatorietà per una committenza di produzione che vuole un risultato artistico adeguato alla resa economica e produttiva, per cui allora si scava con la sua forte personalità una nicchia dentro i tesori della nostra arte italiana rivisitando tra gli altri il Pisanello (sec. XV) sospeso tra realismo e mondo fantastico popolato di figure dai colori brillanti e dai tratti decisi o anche quel Gentile da Fabriano, che recuperando atmosfere e colori bizantini, esalta tra le corti europee una pittura poetica e fiabesca dagli impareggiabili elementi decorativi. Riscopre così il fascino dell’infanzia, quasi un paradiso perduto. Ed allora nasce un connubio tra visioni medievali, che alcuni si ostinano a chiamare “gotico” torbido e inquietante, e le atmosfere leggere sognanti e fiabesche, che annunciano il libero mondo rinascimentale, riproponendoci atmosfere incantate e ricche di meraviglia già presenti nelle sue prime esposizioni dell’anno 1986 presso la galleria “Nuages” di Cristina Taverna, alla “Marena Rooms Gallery”. Da qui inizia ad elaborare una serie di acquerelli e dipinti ciclici: “Le Bambine Cattive, Il giro del mondo con Ottanta bambine, le Regine gotiche”. Un prodotto sicuro sperimentale di tecnica e di erudita ricerca e perfino di antiche mitologie, ancora capace di incantarti e di meravigliarti.
“Il bello stato” di Donna Olimpia interpretato da Titti Garelli
Un’esperienza collettiva conservata per secoli dentro la storia di un popolo non poteva essere meglio interpretata al femminile se non dall’artista torinese Titti Garelli, dalle grandi esperienze internazionali. Una giovane dama seicentesca ritratta nel suo splendore femmineo, un riquadro incorniciato da festoni di fiori e blasoni araldici legati sapientemente tra di loro, che vanno a nobilitare una storia secolare e a concludersi in ampie volute verso l’alto. Qui nel fastigio conclusivo sembra racchiudersi una storia civica e un evento popolare che uniti rievocano i fasti barocchi del “bello stato” di Donna Olimpia Aldobrandini. Dentro un ovale è il palazzo governatoriale con torre, simbolo di un antico potere, vero punto focale a cui fanno riverente ossequio due destrieri affrontati ed ebbri di vittoria dopo una corsa equestre conclusasi da poco per la conquista di un “pallio”. Non una storia, ma tante storie si incarnano nella figura prorompente di Donna Olimpia Aldobrandini, quella dama del Seicento barocco capace di dare vita rinascimentale ad una comunità montana lepina, il “suo bello stato di Carpineto”. Non solo una donna ma una “domina et ducissa” (come si esprimono le carte del tempo), vera regina elisabettiana quella che emerge dallo sfondo scuro-caravaggesco con gli straordinari pennelli dell’artista Titti Garelli, affiancandosi così ad altre sue celebrate “Regine gotiche”, con quel suo sguardo sognante, con quella sua lunga pettinatura bionda che si conclude raccolta da nastri dietro la nuca. Un volto estremamente delicato ravvivato da occhi magnetici sembra incorniciarsi sapientemente dentro un collo alto ed aperto, ingentilito da una gorgiera rialzata alla Maria Stuarda, mentre una lunga collana, che sostiene un raro gioiello a goccia, ed una rosa (che noi abbiamo ipotizzato essere lo stemma araldico dei principi Savelli, legati da parentela agli Aldobrandini), impreziosiscono il petto. Mani e dita lunghe ed affusolate aperte quasi a dialogare con il suo popolo, mentre balza subito ai nostri occhi, e che quasi ti intimorisce per la regalità sontuosa, quel lungo corpo femmineo, che racchiude gli stessi canoni di un antico segno del potere sovrano: il rosso porpora dell’ampia gonna parzialmente ricoperta da un lungo mantello con maniconi, mentre un corpino aderente ricade a frange. Un’opera di grande impegno, minuziosamente calligrafica; un evento artistico dall’indubbio valore coniugato per la seconda volta al femminile, che legherà per sempre la nostra storia civile e culturale con una straordinaria pittrice, Titti Garelli, che ha saputo esprimere ed immortalare su tela un’epoca ed una dama dai vivacissimi colori ed anche l’anima della città di Carpineto e del suo “Pallio”.
di Italo Campagna